Bello, il nuovo stadio della Juventus. Molto bello. E suggestivo il battesimo. Molto suggestivo. Di solito, cerimonie del genere si risolvono in pacchiane americanate, ma in questo caso lo spirito ha avuto la sua parte: ed è stata – penso al ricordo dell’Heysel – una parte delicata, commovente. Alla carne e alla pancia del popolo, in compenso, ha parlato il padrone di casa, Andrea Agnelli. Per il presidente, gli scudetti della Juventus sono ventinove. Lo ha ribadito a Gianni Petrucci e Giancarlo Abete. Obiezione, vostro onore: fino a sentenza contraria, gli scudetti della Juventus sono ventisette.
Nessun dubbio che Calciopoli 2 abbia allargato il campo delle responsabilità , coinvolgendo massicciamente l’Inter e portando alle luce clamorose omissioni. Nessun dubbio che, al di là di questa coda, il «tavolino» di Guido Rossi fu, e rimane, una porcata. Le responsabilità di Antonio Giraudo e Luciano Moggi sono, però, fuori discussione. Carta canta: le sentenze della giustizia sportiva. In attesa dei verdetti di Napoli, la Juventus e i suoi avvocati hanno tutti i diritti di contestare, confutare, ricorrere, adire, minacciare. Eccetera eccetera eccetera. Ma gli scudetti sono ventisette.
Credo che ognuno di noi, anche in casa propria, non debba superare certi limiti: di verità , quando non di opportunità o diplomazia. Viceversa, al posto di Agnelli avrei invitato Giraudo, artefice massimo dello stadio, e Moggi. Perché sì, la tribuna (dove mi colloco idealmente anch’io) era piena zeppa di persone e personaggi che, ai tempi d’oro, battevano i tacchi a ogni tintinnìo di Triade e ne reggevano, schiavi felici, lo strascico. La Juventus è nata sulla panchina di un viale, metà Signora e metà puttana. La preferisco alle false suore e ai sedicenti frati che abitano i conventi (?) del calcio.
Ma gli scudetti sono ventisette.